Essenziale e sofisticato, intelligente e concreto: il metodo progettuale di Leonardo Talarico  è il frutto di un percorso intellettuale in cui il designer, curioso e attento, ha assorbito tanti stimoli ed esperienze per poi sintetizzare il tutto eliminando il superfluo. Ne scaturisce un minimalismo colto e denso di senso ma anche fresco e ironico, non respingente ma accogliente, con discrezione.

Leonardo Talarico for MFD Italia

Quando e come hai messo a fuoco quello che sarebbe stato il tuo stile, il tuo approccio al progetto?

Sicuramente con il tempo, perché ho iniziato a lavorare a vent’anni e quindi “mangio design” da allora. Sono una persona decisamente curiosa, mi piace osservare la realtà e interpretarla secondo quella che è per me la mia visione. Ho avuto la grandissima fortuna di entrare in contatto professionalmente con dei grandissimi visionari e questo ha stimolato la mia curiosità e fatto nascere in me la volontà di creare qualcosa di estremamente mio. Questo approccio è di rigore e di purezza direi, a livello estetico preferisco togliere anziché aggiungere.

Secondo te qual è la caratteristica che i tuoi committenti apprezzano di te?

Sicuramente apprezzano la coerenza, nel senso che io seguo la mia strada e se piaccio bene, se non piaccio Amen. È una coerenza di pensiero e stilistica con cui mi approccio a tutti i brand con i quali collaboro. Un’altra cosa è la coerenza anche tra le varie aziende con le quali collaboro: posso disegnare una borsa, una sedia, uno sgabello, oppure collaborare con un’azienda di materiali, ma sono tutte accomunate da uno stesso collocamento sul mercato. Hanno tutte un target ben definito all’interno del mercato. E un altro aspetto per il quale le aziende hanno le antenne drizzate è il fatto che io non propongo un progetto, propongo un’idea e invito le aziende a discuterne insieme. Perché secondo me il progetto deve nascere da un’idea comune e dal dialogo tra progettista ed azienda.

Ultimamente si ha l’impressione che le aziende, e di conseguenza i designer, si dedichino molto al contract e si siano un po’ dimenticati della casa, questo è vero?

È vero perché ormai i grandi numeri non si fanno con la casa ma si fanno con il contract e soprattutto all’estero. Quindi il vero goal per un designer sarebbe fare un prodotto ibrido quindi valido sia all’interno di una casa che in un ambiente contract. Pensare un prodotto unicamente per la casa, oggi, mi sembra un po’ riduttivo. Le aziende oggi hanno collezioni enormi di prodotti, il mercato è supersaturo e di conseguenza le aziende hanno bisogno di respiro. Infatti hanno a catalogo grandi architetti che magari hanno già dei contract in corso. Architetti che magari progettano molti alberghi e quindi l’azienda sa che se andrà a progettare un divano per lei poi quel divano sarà inserito in grande progetto contract.

In che modo gestisci la questione della sostenibilità nei tuoi progetti?

Il tema della sostenibilità è un tema “attuale da vent’anni”. Quello che può fare un progettista è indirizzare l’azienda a utilizzare determinati materiali, ma secondo me è un tema che va ripensato a livello di filiera in larghissima scala. E il designer in questa nuova visione potrebbe, non limitarsi a disegnare un oggetto, ma anche ripensare oggetti già esistenti per produrli meglio e in modo più sostenibile. Quindi essere competente a 360° su quella che è l’intera filiera produttiva.

Pensi che l'assenza del Salone del Mobile possa essere stata anche un'opportunità?

È indubbio che sia stata una grandissima batosta, per le aziende e per tutti quelli che lavorano nel settore, ma nello stesso tempo, i fenomeni accadono e l’unica cosa che possiamo fare e dargli una direzione e trasformarli in opportunità. L’opportunità che abbiamo adesso è quella di fermarci e riflettere su cosa fare e cosa non fare. E secondo me dobbiamo più non fare che fare, ovvero non produrre a caso. Perché il mondo ha bisogno di poche cose ma belle piuttosto che tante ma mediocri.

A seguito dell'esperienza del lockdown, la casa diventerà più funzionale, più accogliente, più bella, oppure resterà tutto uguale?

Penso che ci sia un termine più indicato che è “flessibilità”: le case a livello strutturale rimarranno sempre queste, ma poiché passeremo più tempo in casa e comunque lavorando da casa la vivremo in maniera più intensa dovrà essere più flessibile ma senza rinunciare alla bellezza. Nel senso che non faremo un ufficio in casa ma magari useremo il tavolo da pranzo anche per lavorare. E allora avremo bisogno di una sedia più confortevole su cui non solo mangiare ma anche passare più ore lavorando. E penso anche che daremo più importanza all’igiene e agli spazi come l’ingresso dove tornerà, ad esempio, l’appendiabiti.

Leonardo Talarico and MFD Italia

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Ho deciso di creare una collezione che porta il mio nome per “spingermi oltre” a livello stilistico; prodotti per rimanere nel tempo con i quali dare una visione stilistica a 360 gradi dell’estetica. Penso sia riduttivo pensare al design come mera progettazione; è fondamentale comunicare uno stile ed io perseguo quello dell’essenzialità, infondo è questo il motivo cardine della nascita di questo progetto. A fine settembre ci sarà la presentazione della prima collezione: sarà una installazione digitale. Credo nel dialogo tra le diverse forme d’arte ed in questa occasione il design sarà affiancato dalla musica. La performance di una bravissima artista basata in America, convivrà direttamente con i prodotti presenti in Italia, a sottolineare che, nonostante le distanze è possibile e doveroso ripensare anche all’exhibit design. I primi oggetti, si chiameranno tutti PENSIERO, perché è da un nuovo pensiero che nasce qualcosa di diverso.

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