Cosa rende un arredo iconico? La risposta non è univoca, ma c’è un test infallibile ed è quello del tempo: se l’arredo continua a manifestare attualità, adeguatezza e interesse negli anni, allora si può considerare iconico. Il senso di questa riflessione è individuare quegli arredi che, nonostante siano stati progettati in un passato anche lontano, continuano a stupire, a integrarsi con disinvoltura nei nostri interni domestici e ad acquisire valore. Perché ogni arredo è anche un investimento ed è dunque apprezzabile la sua capacità di non andare incontro a obsolescenza o decadenza. In più, le icone del passato raccontano sempre una storia, ci regalano un viaggio nel tempo e una lezione di gusto. Ecco 8 esempi di arredi ricchi di carattere e personalità, intramontabili, su cui investire senza indugio.

1928:  LC2 di Le Corbusier, Pierre Jeanneret, Charlotte Perriand per  Cassina

LC2 by Cassina

Osservando questi arredi si fa quasi fatica a credere che siano stati progettati quasi cento anni fa. L’attualità estetica è infatti spiazzante e non ci stupisce che questo progetto, fu presentato nel 1929 al Salon d’Automne a Parigi come esempio di arredo moderno, di nuova concezione del mobile ripensato alla luce del processo produttivo industriale e dunque con una netta separazione tra struttura in metallo e elementi imbottiti in tessuto.

1940:  Leonardo di  Achille Castiglioni per  Zanotta

Leonardo by Zanotta

Antesignano assoluto della tendenza “industrial” che si è diffusa negli ultimi anni, il tavolo da lavoro Leonardo è un esempio eccelso di arredo tecnico trasferito in un contesto domestico. Pur mettendo in evidenza gli elementi strutturali, i cavalletti, il tavolo è diventato talmente prestigioso da entrare con disinvoltura anche in contesti formali.

1957: tavolo Tulip di  Eero Saarinen per  Knoll

Tulip by Knoll

L’obiettivo di Saarinen, nella progettazione di questo arredo, era “portare ordine nel confuso mondo” al di sotto del tavolo. Ci riesce con un intervento di sofisticata semplicità, creando un piede che ricorda lo stelo di un bicchiere e il top che nella versione ellittica conferisce stile e ordine al contesto.

1958: PH5 di  Poul Henningsen per  Louis Poulsen

PH5 by Louis Poulsen

Siamo negli anni ’50, lo stile scandinavo fa scuola con la sua estetica funzionale e Poul Henningsen progetta questa lampada non solo pensando alla sua forma ma anche alla funzione, per lui preziosa, di migliorare la qualità della luce emessa dalle lampadine, all’epoca solo a incandescenza. Per fare questo, inserisce dei piccoli schermi rossi e blu che compensano il colore della lampadina. Oggi questa trovata non è più necessaria, ma resta la bellezza di una lampada pensata per migliorare la vita di chi la utilizza.

1960: Sedia  Panton di  Verner Panton per  Vitra

Panton by Vitra

La progettazione di questa sedia va di pari passo con le esigenze della produzione industriale per la quale il designer instaurò un dialogo proficuo con l’azienda. Si tratta, infatti, della prima seduta in plastica composta da un unico elemento. Pluripremiata è un’icona di forte personalità.

1969:  Up di  Gaetano Pesce per  B&B Italia (in copertina)

Padre di questa serie di poltrone è Gaetano Pesce, che ha dato vita a molte delle icone innovative del design italiano. Up, di cui si sono celebrati i 50 anni nel 2019, evoca forme organiche, primitive e avvolgenti, tradotte in chiave moderna e sempre attuale.

1971:  Pratone di Giorgio Ceretti, Pietro Derossi, Riccardo Rosso per  Gufram

Pratone by Gufram

Difficile da classificare con i codici classici dell’arredo, Pratone è letteralmente un prato domestico di grandi dimensioni, su cui sdraiarsi e quasi scomparire. Più vicino a una scultura che a un elemento di arredo, Pratone racconta l’epoca in cui è nato, con le sue avanguardie e sperimentazioni.

1973:  Maralunga di  Vico Magistretti per  Cassina

Maralunga by Cassina

Lo stesso spirito, ironico e sperimentale, lo ritroviamo, declinato in modo più funzionale, nel divano Maralunga. Il progetto introduce per la prima volta la possibilità di regolare l’altezza del poggiatesta grazie all’inserimento di una catena da bicicletta nell’imbottitura.

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