Dieci mila chilometri: questa è la distanza che separava alla nascita Nipa Doshi e Jonathan Levien, lei indiana di Mumbai e lui scozzese di Elgin. Adolescenti negli anni ‘80, i due ascoltavano però la stessa musica e coltivavano una passione per il design.

Nipa ha una zia che vive in una casa progettata da un assistente di Le Corbusier e un nonno collezionista che la abitua a essere circondata di bellezza.

"Il design per me ha a che fare col prendersi cura del nostro habitat quotidiano e col modo in cui faccio le cose, che sia apparecchiare la tavola o il letto, o anche godermi i semplici gesti del cucinare. Il design sembra permeare ogni cosa che facciamo".

Studia National Institute of Design di Ahmedabad, fondato sui principi di Charles e Ray Eames e nel 1994 si iscrive al Royal College of Art di Londra. È qui che incontra Jonathan Levien, nato nella terra del whisky, un passato da enfant prodige della lavorazione del legno (a 16 anni sapeva già costruire mobili) e, dopo la svolta verso l’industrial design, tre anni di apprendistato nello studio di Ross Lovegrove. Qualche anno dopo il diploma, nel 2000, i due si sposano e decidono di lavorare assieme. Da quel momento, lo studio Doshi Levien, con sede a Londra, progetta mobili per Moroso, B&B Italia, Cappellini, ma anche complementi d’arredo e installazioni per alcuni dei musei più importanti del mondo.

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I loro progetti  mettono assieme le abilità complementari di Jonathan e Nipa: la conoscenza approfondita dei materiali con la comprensione del valore del colore, la forma e la decorazione, l’artigianato e la produzione industriale, il sapere antico con le innovazioni più recenti.

Lo dimostrano arredi-capolavoro come la sedia Impossible Wood firmata nel 2012 per Moroso: non fatevi trarre in inganno dalla perfetta riproduzione visiva e tattile del legno, la struttura è realizzata in una modernissima bio-plastica, il polipropilene, tramite stampaggio a iniezione.

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Per lo stesso brand, la coppia progetta un divano diventato ormai iconico: My Beautiful Backside, una scultura morbida, curvilinea e coloratissima ispirata a un quadro raffigurante uan Maharani, la moglie del Maraja, circondata da cuscini.

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È una celebrazione dell’India vista attraverso gli occhi di Le Corbusier la serie di imbottiti Chandigarh, chiamata come la città progettata dal maestro modernista negli anni cinquanta.  

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Stile geometrico, rigoroso e contemporaneo per la poltrona Paper Planes:

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L’ispirazione torna all’Oriente con una delle più celebri creazioni del duo per B&B Italia, la lounge chair Almora. Premiata con l’Interior Innovation Award 2015, ha richiesto due anni per la progettazione. Riunisce armoniosamente multistrato di legno curvato, plastica stampata a iniezione, pelle cucita  a mano e vello di pecora e intende ricreare la sensazione di protezione e sintonia col mondo circostante. Ma anche l’emozionante esperienza di ammirare l’Himalaya ricoperto di neve da un paesino alle sue pendici, Almora, avvolti dal tepore di una soffice coperta.

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Per il cinquantesimo anniversario di B&B Italia, lo studio Doshi Levien firma Tabour, un trio di pouf dalle forme geometriche che sembra rievocare primitive creature marine. b&b-italia-tabour

E poi anche la poltroncina Do-Maru e il tavolo Maru, disponibile in due dimensioni e nella versione più piccola in 16 colori:

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E il colore, assieme alla tecnica di ricamo, è ciò che contraddistingue i tappeti Rabari disegnati per Nanimarquina. Tre versioni, in tre misure, ognuna realizzata a mano in India nel laboratorio di una parente di Nami, secondo la tecnica tradizionale del Sumak: “La composizione spontanea di questi tappeti incarna la serendipità e la libertà di improvvisazione inerenti in ogni fase della produzione di un tappeto fatto a mano; festoso, irriverente e unico”.

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Lo stesso spirito pervade la collezione Maya di Hay: 13 specchi simili a piccole gemme dalle forme geometriche, da accostare per creare costellazioni. Un vero pezzo da museo, dato che l’idea è nata per un progetto dell’Arken Museum of Modern Art di Copenhagen nel 2012.

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Uchiwa è invece una poltroncina che prende il nome e la forma dal tipico ventaglio giapponese fatto di carta e bambù (uchiwa, appunto). Per realizzarla, i due designer hanno impiegato sette mesi , con l’obiettivo di coniugare comodità e costi ridotti:

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L’ispirazione della sedia Capo per Cappellini è ancora più insolita: un uomo in abito e cappello di feltro.

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