Finn Jhul  è stato uno dei padri del design danese. Nato nel 1912, da giovanissimo mostrò un forte interesse per la storia, interesse che il padre, un severo rappresentante di tessuti, dirottò verso l’architettura che Juhl studiò alla Royal Danish Academy of Fine Arts. Da subito si affermò come architetto e nel 1943 ricevette il premio C.F. Hansen per l’architettura. Nel 1945 aprì il suo studio a Copenaghen, consolidando la sua esperienza nel design di arredi e interni. Uno dei suoi arredi più iconici è la Chieftain Chair , di cui, quest’anno, si celebra il settantesimo anniversario. 

Chieftain Chair

Si narra che fu concepita una mattina di primavera del 1949: Juhl prese un foglio di carta bianca e si sistemò alla scrivania, disegnandovi sopra due linee verticali con qualcosa di non ancora chiaro in mezzo ad esse. In questo gesto, quasi distratto, si celava quello che sarebbe stato un suo grande successo, nonché una delle icone eterne del design danese: era la Chieftain Chair.

La seduta, disponibile anche in versione sofa, è un esempio dello stile House of Finn Juhl : votato al funzionalismo, caratterizzato da materiali “caldi” come il legno e il cuoio, rivela il gusto estetico maturato in seno alla sua passione per l’arte contemporanea del tempo ma anche al suo interesse nei confronti delle culture lontane. Le linee tipiche dell’arte africana e degli antichi arredi egizi, sono chiaramente visibili in questa seduta così come in tutti gli altri suoi progetti. Ecco perché, pur essendo già un designer affermato, Juhl subiva le critiche di chi affermava che queste sue ambientazioni fossero fuori tono nell’ambito del design danese puro (e puritano).

House of Finn Jhul at the Perfect Darkness Expo

Da qui, lo scontro tra Finn Juhl, che credeva e promuoveva un design danese più libero e sperimentale e Kaare Klint, fondatore della Scuola di arredo all’Accademia di Belle Arti di Copenaghen, sostenitore di un approccio puristico al funzionalismo danese. Il coraggio creativo di Juhl, del resto, ne decreterà il successo, che toccherà il suo livello massimo proprio con la Chieftain Chair, caratterizzata da un equilibrio sorprendente tra il rigore estetico danese e la sensualità delle sue forme arrotondate, tra il funzionalismo e la dolcezza. La genesi della Chieftain, tuttavia, non sarebbe stata la stessa senza l’influenza di Niels Vodder, un esperto falegname che colmava la poca esperienza di Juhl nella realizzazione degli arredi e traduceva gli schizzi di Juhl in prodotti concreti di altissima qualità.

Nella sedia, possiamo identificare anche una caratteristica tipica delle sedute di Juhl: la separazione chiara tra elementi di supporto (la cornice) e gli elementi supportati (la seduta e il poggiaschiena). Separazione che si manifesta con una chiara distinzione dei materiali per ciascuna delle due componenti. Nel caso della Chieftain Chair si tratta di legno e cuoio. Un’altra caratteristica distintiva è la dimensione abbondante, ricercata dal designer in risposta alla prevalenza di sedie piccole dell’epoca. Larga un metro (tanto per una sedia), profonda quasi 90 centimetri, richiede spazio intorno a sé per essere apprezzata.

House of Finn Jhul

Se da un lato l’architetto e critico del design Odd Brockmann la descriveva come una “frittata appesa a uno scaffale”, dall’altro i reali di Danimarca parteciparono all’inaugurazione dell’esposizione nell’ambito della quale la sedia fu presentata. Sui suoi disegni, Finn Juhl l’aveva semplicemente definita “La grande sedia” ma poi, volendola dedicare al re, la rinominò “Chieftain Chair”, ovvero la sedia del comandante.

Quando nel 2001 Ivan Hansen e Hans Henrik Sørensen acquisiscono la licenza di riprodurre gli arredi disegnati da Finn Juhl, la Chieftain Chair fu tra i primi progetti realizzati ed è disponibile anche nella versione sofa (vedi immagine). Grazie alla loro iniziativa, questa sedia, così particolare, festeggia oggi 70 anni.



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